Chloé Salgado, è nata a Parigi trent’anni fa e un anno fa ha deciso di aprirvi una galleria, per Chloé le parole d’ordine sono energia cambiamento e lavoro di squadra. Con il suo sguardo fresco e innovativo fa parte di quella generazione intenzionata a cambiare e innovare il ruolo del gallerista. Chloé ci racconta del ricco bagaglio culturale legato all’arte che porta con sé, ci parla del suo rapporto con gli artisti, del futuro, delle sue idee di innovazione riguardo il suo ruolo e della visione dell’arte in generale; ma ci tiene a sottolineare il legame con la generazione che l’ha preceduta, la sua ammirazione per essa, l’idea di tradizione che comunque va seguita.
Questa giovane donna fa parte di quella nuova generazione di galleristi che vuole ridonare e credere nella magia e nell’incanto dell’arte, -nonostante le sue impervie difficoltà -. Ci racconta di quell’alchimia e di quell’intenso e magico rapporto con gli artisti senza il quale non è possibile che una mostra divenga realmente tale. La sua è la generazione delle novità, quella che sente la necessità di rompere con l’elité, cercando i dialogo con un numero sempre più consistente di persone, aprendo sia porte mentali, che fisiche e architettoniche, provando inoltre a coltivare una nuova generazione di collezionisti.
1. Buongiorno Chloé, ci racconti come ti è venuta l’idea di aprire una galleria?
Bonjour Leda! Certo, sono cresciuta in una una famiglia con una forte affinità per l’arte, quindi ho sempre saputo che il mio futuro sarebbe stato in questo campo e l’idea di aprire una galleria tutta mia mi è venuta in giovane età.
2. Come ti sei avvicinata all’arte contemporanea?
Ho iniziato studiando storia dell’arte a Londra, prima facendo un master in arte contemporanea. Volevo poter possedere un importante background riguardo all’ arte tout court, per essere in grado di comprendere e apprezzare le opere contemporanee.
3. Come scegli i tuoi artisti? Che rapporto instauri con loro?
Lavoro con artisti internazionali emergenti. Non credo esista uno stile o un metodo che si possano definire corretti, dal mio punto di vista io ho bisogno di sentire una coesione personale sia con l’artista che con le opere che presenterò, al fine di difenderle risolutamente.
Solitamente comincio offrendo loro una personale in galleria e da lì decidiamo se vogliamo continuare il percorso insieme. L’obiettivo è sviluppare collaborazioni a lungo termine, lavorare fianco a fianco e crescendo nelle migliori condizioni possibili.
4. Il tuo team è composto solo da artiste donne, è solo un caso?
No, anche se spesso mi viene posta questa domanda! Lavoro con artisti di entrambi i sessi e non ho mai fatto uno sforzo consapevole per mostrare più donne che uomini. Cerco solamente l’arte che mi entusiasma e per il momento sembra provenire più da artiste del gentil sesso!
5. Che idea hai per il futuro della tua galleria, c’è qualcosa in più oltre alle mostre?
La galleria sta per compiere un anno all’inizio di ottobre, quindi tutto è ancora fresco e nuovo! Vorrei fare più eventi e installazioni oltre i muri. Intendo anche affrontare le fiere d’arte nel prossimo futuro. Ma più di ogni altra cosa, sono aperta a idee e a collaborazioni!
6. Pensi che la galleria sia ancora concepita come un luogo elitario? Intendi rompere questo modello con una nuova idea di galleria più aperta al pubblico, a un nuovo tipo di collezionisti e appassionati di arte?
Assolutamente. Le gallerie sono ancora molto intimidatorie, soprattutto quando non fai parte di questo sistema!
In primo luogo, credo che una galleria sia il riflesso del suo proprietario (o staff ), quindi faccio del mio meglio per salutare ed accogliere tutti i visitatori allo stesso modo, con un atteggiamento amichevole, rendendomi disponibile a tutte le loro domande. Cerco anche, quando possibile, di offrire opere d’arte con una varietà di prezzi durante ogni mostra, al fine di avere alcuni pezzi «convenienti» per collezionisti giovani o nuovi.
Ho anche lavorato con Joana Zimmermann, un’artista socialmente impegnata, che ha portato la sua arte a stretto contatto con gli abitanti di una baraccopoli alla periferia di Parigi. Abbiamo già collaborato a un progetto inclusivo insieme e mi piacerebbe continuare a lavorare su tali progetti con la galleria.
Inoltre adoro anche presentare pezzi con cui puoter interagire durante gli spettacoli, ad esempio, per la sua personale Matriarch Beach, Amanda Moström ha creato sgabelli in bronzo, che i visitatori potevano toccare e su cui potevano sedersi. Credo che questa interazione fisica con l’arte «la desacralizzi» e faciliti la nostra connessione con essa.
7. Qual’è il ruolo del gallerista nel sistema artistico di oggi?
Sono molto affezionata al ruolo tradizionale del gallerista “storico”, che lavora come un agente, supporta e difende i suoi artisti, fornendo consigli sul loro lavoro, oltre a discutere i pro e i contro di possibili progetti.
Ho la possibilità di rappresentare Lulù Nuti, con la quale ho inaugurato la galleria lo scorso ottobre e anche se lei vive a Roma e la galleria è a Parigi, abbiamo trascorso molto tempo a parlare del suo lavoro e della sua carriera insieme.
Credo anche che il gallerista sia in una posizione di potere nel mondo dell’arte, avendo la possibilità di dare visibilità agli artisti scelti e, in tal senso, abbia una certa responsabilità nei loro confronti, in un senso più globale.
Alla fine, anche se lo odio quando la gente me lo dice, nella situazione economica e politica di oggi, è necessario molto coraggio per gestire una galleria o un’azienda.
8. La tua opinione sulle fiere?
Penso che siano un male necessario. Sono stancanti e molto costose, ma anche un modo efficace per ottenere maggiore visibilità se scegli quelle giuste.
Ad oggi non ho ancora fatto nulla con la galleria, poiché volevo darmi il tempo di creare un gruppo di artisti in cui riporre tutta la mia fiducia, così come il senno di poi, abbastanza da sapere quali fiere d’arte sarebbero più adatte all’identità e alla direzione che sto immaginando per la galleria.
Credo che le fiere d’arte siano come delle etichette che finiscono per attaccarsi all’immagine delle gallerie, quindi devi stare attenta quando ne scegli una.
9. Vuoi parlarci dei prossimi progetti?
La personale di Bea Bonafini, Chimère è aperta fino al 12 ottobre. Successivamente, la galleria ospiterà la prima mostra personale di Côme Clérino a Parigi e all’inizio del prossimo anno, la prima mostra personale di Stevie Dix in Francia.
Leda Lunghi
Comments are closed.