Costruzione e decostruzione, l’enigmatica e duplice creatività dell’obliviscenza scultorea; la sua eternità, il suo dissolversi, apparendo nella vacuità delle tracce lasciate dal lento dileguare di un’arte che si abbandona allo spazio, creando con la sua mutevolezza, un variare di stati e di strati, di esseri che divengono in una trasmutazione di esistenze raccontate da presenze e assenze. L’etereo e la sua stessa storia, l’organico e l’immateriale, ciò che lo ha preceduto e ciò che c’è stato, questo binomio tra esserci e non esserci, tra presenza e vacuità, si può considerare il centro della mostra Megaloschemos a cura di Samuele Meninin, che Marcello Tedesco descrive in un complesso di lavori site specific inaugurando il nuovo spazio della galleria Arrivada.
L’artista gioca sulla vulnerabilità di sculture di un’imponente e paradossale materialità, la quale lentamente viene erosa e lacerata interiormente, come la colonna di cemento bianco, dove il sale nel suo dissimularsi silenziosamente agisce come forza corrosiva e distruttrice, sia sui tondini di ferro che lentamente verranno ossidati, sia sul cloruro di calcio che gradualmente perderà la sua consistenza diluendosi in acqua. Un lavoro che concentra ed unisce la materia al tempo, sono loro i veri registri di quest’arte, qui dove la ciclicità scorre, passa e finisce e dell’arte rimane l’essenza, la percezione, il ricordo, l’eternità. Questa è la visione poetica dell’artista, le cui opere dialogano perfettamente con lo spazio, ancora in fase di ristrutturazione, l’ambiente diviene così punto di partenza di un calvario di idee legate al linguaggio artistico, là dove il dinamismo dell’elemento diviene il file rouge di un intero percorso visivo e intellettuale .
Quest’idea principe su cui si sviluppa fondamentalmente l’arte di Marcello Tedesco, in questa mostra viene elevata maggiormente, grazie all’attento lavoro legato all’unione dei materiali, questo permette al fruitore diverse percezioni su questa trama scultorea, metafora del nostro destino, l’esistenza e l’inesistenza , il percorso lento del mutare e del consumarsi, il concetto che permane e non si cancella. Nell’elaborazione di ciò che è il destino umano Marcello Tedesco con un’estetica scultorea personale, racconta una profondità che non si percepisce al primo sguardo, una filosofia nascosta che esplicita un ragionamento e un pensiero legati all’essere, quell’essere che adesso forse non esiste più. Il racconto della vita con i linguaggi della vita che diviene scultura nel suo principio di esistenza.
Leda Lunghi
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