Andrea Francolino presenta la sua prima personale alla galleria Mazzoleni di Torino con la mostra Venne all’esistenza lo Spazio Beante, a cura di Lorenzo Benedetti.

L’artista espone la sua ricerca basata sul concetto di crepa, raccontando i paradossi che si celano in essa; questo il filo conduttore che si dipana per tutta la mostra, attraverso il quale l’artista ci rivelerà il duplice significato che intravede in questo elemento.

Una mostra il cui fil rouge sarà una costante dualità, la ricerca di uno spazio – tempo, la volontà di superarlo, le opere viaggiano tra finito e infinito in un palcoscenico di strade intrecciate e circolari.

 In una sovrapposizione di epifanie, si perdono le coordinate temporali, dove la platonica immagine mobile dell’eternità si dilata e si restringe, nella dimostrazione dell’inesistenza di una crepa identica allaltra, regalandoci così il fascino della disarmonia. 

La casualità riecheggia nel racconto di queste realtà che ci trascinano in mondi altri, seguendo le linee labirintiche della mostra, in cui l’artista cerca di controllare lincontrollabile, quale Leitmotiv di queste narrazioni.  

Nella serie in vetro Caso x caos x infinite variabili, la crepa diviene la potenza della rottura, simbolo di casualità e imprevedibilità, dove la molteplicità di significati le donano un’ identità e una preziosa unicità. 

Andrea Francolino, Caso x caos x infinite variabili, 2020, Glass, wooden frame with glass. 47,9 x 37,8 cm. Courtesy the Artist, Mazzoleni, London-Torino

Concetto che l’artista riprende in Minuto, un video in cui si susseguono immagini di fenditure, ogni secondo differenti l’una dall’altra, nel tentativo impossibile di una sovrapposizione. Un lavoro la cui poetica si basa sullo spazio- tempo, nel costante corteggiamento dell’idea di riproducibilità, trovando poi la sua essenza, il suo finire nell’ impossibilità di coincidenza.

Quest’artista ci conduce in un universo, attraverso una linea continua, interrotta, lungo questi spazianti tragitti, in cui le variazioni divengono centro di mondi. 

Questi microcosmi sono realtà poetiche, create su un’assenza, in cui si duplicano essenze concrete e tangibili, ma mai uguali.   

Lartista fa della rottura qualcosa di primario, costante, nel suo essere ambivalente, ricercatore di un’eterna realtà, di un cambiamento, di un fluire, dedito al raggiungimento di un atto d’origine.

Dietro alle opere non si cela mai un solo significato, esse sono Percorsi, in cui l’artista esamina tracce, cartografando solchi, sulla superficie della carta, mostrando il movimento della materia in precise e differenti tappe del tragitto. 

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Un moltiplicarsi di teorie, idee, significati ed è proprio nell’analisi continua, che si evidenzia un caos incontrollabile ma verosimile, come attraverso le polveri di calchi che nella loro poesia esplodono nell’installazione Dalla terra al cemento alla terra al cemento, generato dal dialogo alchemico tra due materie che ci circondano, eclissate in una scala cromatica in lento dissolvimento, nel passaggio da una sostanza all’altra, accompagnandoci alla porta di un orizzonte irraggiungibile.

 Dopo aver donato alla crepa leternità, nella ricerca dei sacri materiali dellarte, infrangendo ogni regola temporale, quali loro e i lapislazzuli, metafora del congiungimento tra terra e cielo, testimoniandone la preziosità, Francolino raggiunge lapice del paradosso con le cosiddette crepe dacqua; adottando per lappunto solo lacqua, raccolta dai ghiacciai, dai fiumi delle Alpi, dal mare e dalle fonti. 

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Questa sequenza tocca l’impermanenza di questo elemento, essenza tanto cara alla mitologica Teti, così sfuggente ed effimera eppure così potente. Liquido impercettibile, principio di vita, ma anche luogo di morte, in cui cortocircuiti continui segnano la pluralità del cosmo. Francolino giunge a questa resa finale con quest’elemento armonico e contemporaneamente conflittuale; le sue crepe ci appaiono tridimensionali, vengono impresse sulla carta in una sorta di positivo scultoreo dei solchi del suolo. 

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L’artista, attimo dopo attimo, ci svela una mostra che attraverso la sua cartografia, rappresenta, come ricorda Borges nell’Aleph, quel labirinto dove tutto inizia e tutto finisce, attraversando vari e diversi spazi, introducendo e seguendo quelle variabili che, continuamente ci portano alla ricerca di altro.

Leda Lunghi