E’poesia dell’effimero l’arte di Silvia Bächli, presentata negli spazi 1 e 4 della Galleria Raffaella Cortese, un susseguirsi di sensazioni che non raccontano una storia, la contengono e la corteggiano nell’armonia cromatica e raffinata del gesto artistico. Tra narrazione e astrazione, l’artista rivela attraverso la percezione sensoriale del suo corpo un’azione liberatoria descritta da linee, gesti, vuoti, incontri e frammenti, che sottintendono una danza colma di spontaneità.
Colori e linee sono espressioni di vite che passano e s’interrompono, presenze ed emozioni compiute, attimi fermati, esistenze non narrate e solo immaginate, per questo intimamente ed estremamente veritiere. Tele che descrivono musica, ritmo, in immagini di segni disvelati, in un linguaggio di forme e azioni, allusioni e sfumature di istanti. L’opera come uno specchio si rivela testimone dell’essere intimo dell’artista, che diviene parte attiva di essa nel momento in cui le linee si uniscono in una sovrapposizione di movimenti, rumori e attimi. Quelle di Silvia Bächli sono accidentalità che non hanno né un inizio né una fine, a queste opere appartengono emozioni nascoste, divenute, trasformate in codici e spazi; si afferma qui l’importanza del medium capace di dar parola alla causalità, al fortuito.
In Nähern la poetica dell’artista rievoca le parole di Christa Wolf in Cassandra: “In ultimo ci sarà un’immagine, non una parola. Prima delle immagini le parole muoiono “. Silvia Bächli, con quest’ultima mostra attesta di essere sempre meno interessata alla ricerca narrativa, esaltando la caducità nella sua transitorietà, testimoniando la libertà di sensazioni, rivelatrici di storie, che si celano dietro le espressioni. In quest’arte capiamo quanto l’immagine riveli più del linguaggio, la capacità che essa detiene di portare lo sguardo e le emozioni in luoghi dove le parole non riescono a giungere.
Leda Lunghi
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