Lorenza Boisi ci racconta la sua ultima mostra Passaggi di Stato allestita nelle stanze della Reggia di Caserta con Regina José Galindo e Valentina Pallazzari, a cura di Bruno Corà e Davide Sarchioni. L’artista ci presenta il suo personale punto di vista sul legame tra pittura e scultura, due forze vissute come estensioni della persona quale creatura finita. Ci parla poi del progetto che verrà esposto a Miart dalla galleria Ribot, della collaborazione con il giovane artista israeliano Oren Pinhassi, del loro dialogo e della forte intesa tra pittura e scultura.
Hai appena partecipato a Passaggi di stato nelle stanze della Reggia di Caserta con Regina José Galindo e Valentina Pallazzari, a cura di Bruno Corà e Davide Sarchioni, per questa mostra hai realizzato principalmente installazioni, com’è stato rapportarsi dal punto di vista installativo con un luogo così importante come quello del Vanvitelli?
L’esperienza della Reggia di Caserta è in sé un privilegio quando la si visita da turista, essere rapiti da un luogo che è “altroquando”, un luogo che è manifestazione architettonica di una storia ed espressione corale di una volontà estetizzata e di un’idea figurale. L’artista che si confronti con una dimensione tanto articolata è consapevole della sua posizione egualmente invidiabile e scomoda.
Personalmente, mi sono avvicinata a questa opportunità con animo ammirato e grande realismo, ho cercato un nesso di significato, di avvicinamento, senza alcun intento muscolare o di commisurazione interlocutoria.
La mia ricerca artistica è sintesi di mia somiglianza… sono entrata alla Reggia di Caserta con circospezione e con la massima modestia, che una personalità tenuamente narcisistica possa offrire.
Le vostre poetiche espressive sono molto diverse quanto a provenienza, background culturale e ambiti di ricerca, come ti sei trovata nella relazione spaziale e dialogica?
La mostra è un sistema di progressione a cannocchiale, esattamente ricalcato sull’organizzazione della sequenzialità delle sale casertane. Ogni artista ha distintamente considerato il proprio intervento con i curatori che hanno secondo il loro orientamento critico e la lettura dell’opera di ciascuno, orchestrato l’insieme compositivo.
Nella diversità ciò che vi ha accomunato è stata l’ attitudine di “forzare il limite” in ogni nuova creazione pur rimanendo sempre coerenti alle rispettive ricerche sei d’accordo?
Non amo utilizzare termini che esprimano un intento di “forzatura”, di “sfida”, non amo nemmeno il concetto di “limite”, la mia idea di arte è molto Romantica, Rivoluzione senza forca.
In questa mostra, è stato studiato un complesso e variegato itinerario visivo ed emotivo, individuando così metaforici passaggi di stato, me lo vuoi descrivere?
Posso sintetizzare esclusivamente un mio pensiero senza pretendere di esaurire, in loro vece, la poetica curatoriale di Bruno e Davide. Io considero la mostra un processo di contrazione e rilassamento, una progressione che è pure regressione, ovvero ritmo alternato di intenti e testimonianze artistiche. Penso all’insieme della mostra quale forma organizzata di un sistema d’esistenza.
Parlando del tuo lavoro, qual’ è il legame tra pittura e scultura, possiamo considerarle una l’estensione dell’altra, in che senso?
Io sono e resto un pittore, pittore che, come molti nella storia, aspira alla terza dimensione, all’ombra, alla proiezione, alla lettura fisica e non focale della sua opera. La scultura e la pittura si comprendono e si raccontano reciprocamente, se sono estensione, lo sono di me in quanto insoddisfatta creatura finita.
Sarai presente a Miart con la tua galleria Ribot vuoi darci qualche anticipazione?
Ribot mi ha invitato ad una collaborazione con Oren Pinhassi, un giovane israeliano di grande talento che stimo fortemente. Oren ed io, nel nostro lavoro, siamo specchio dello Specchio e occhio dell’Occhio, alimentiamo egualmente, secondo diverse prospettive, cultura ed età, tensioni biografiche, esprimendo per sineddoche o metafora, tra le molte cose, anche un erotismo implicito che è crisma dell’Arte. La partecipazione di Ribot prevede un dialogo di reciprocità tra la mia pittura, la scultura di Oren Pinhassi e la partecipazione di un collega ed amico, l’artista ginevrino Christian Gonzenbach.
Leda Lunghi
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